Il D.Lgs. 231/2007, noto come Decreto Antiriciclaggio, ha recepito la Terza Direttiva UE n. 2005/60/CE ed è il principale riferimento normativo in materia di antiriciclaggio in Italia.
Nel corso degli anni, il Decreto è stato oggetto di diverse modifiche, l’ultima delle quali è avvenuta con il D.Lgs. 125/2019, che ha recepito la Quarta e Quinta Direttiva Europea. Attualmente, si attende l’adozione della Sesta Direttiva UE 2024/1640, parte del cosiddetto AML Package.
Le disposizioni normative introdotte mirano a strutturare un sistema di prevenzione e contrasto altamente efficace ed efficiente, volto a impedire l’abuso del sistema finanziario per finalità illecite. Le misure si applicano a tutti i soggetti che, nell’esercizio della propria attività, sono coinvolti in operazioni economiche di rilievo ai fini del trasferimento di fondi o strumenti finanziari. In particolare, professionisti del settore economico, notai, avvocati, commercialisti e revisori sono tenuti all’osservanza di rigorosi obblighi di conformità, volti a garantire la trasparenza e la tracciabilità delle transazioni finanziarie.
Il riciclaggio di denaro è un fenomeno criminale che deriva dalla commissione di un illecito – definito reato presupposto – da cui si genera un profitto utilizzabile direttamente, trasferibile a terzi o destinabile al finanziamento del terrorismo. Tale pratica si realizza attraverso una serie di operazioni economiche finalizzate a occultare la provenienza illegale dei fondi, complicandone l’identificazione e impedendone il recupero da parte delle autorità.
Poiché strettamente legato alle dinamiche economiche, il riciclaggio evolve in parallelo ai mercati finanziari, adattandosi alle loro trasformazioni. Invero, strumenti come criptovalute, exchange non regolamentati e NFT (token non fungibili) rappresentano per i soggetti criminali potenti mezzi per occultare la provenienza illecita del denaro, grazie all’anonimato e alla difficoltà di tracciamento che li caratterizzano.
Questa evoluzione impone ai soggetti obbligati un rafforzamento delle competenze, un innalzamento dei livelli di controllo e un costante aggiornamento sulle modalità operative della criminalità finanziaria. A tal fine, le autorità di contrasto – tra cui UIF (Unità di Informazione Finanziaria), GAFI (Gruppo di Azione Finanziaria Internazionale) e la futura agenzia europea AMLA (Anti-Money Laundering Authority) – forniscono periodicamente linee guida e analisi sugli schemi di riciclaggio, contribuendo a potenziare la capacità di prevenzione e contrasto del fenomeno.
La normativa antiriciclaggio disciplina gli obblighi che i soggetti destinatari devono osservare nell’ambito della propria attività, delineando un sistema strutturato di prevenzione e di contrasto al riciclaggio. Tale quadro normativo, integrato dalle disposizioni attuative e dalle norme di autoregolamentazione, costituisce l’architettura fondamentale per la gestione del rischio finanziario connesso a fenomeni illeciti.
Gli obblighi previsti si estrinsecano in un’ampia gamma di attività, partendo dall’autovalutazione del rischio di riciclaggio all’interno della propria struttura e dall’analisi dell’efficacia delle misure adottate per mitigarne l’impatto, fino alla gestione della relazione con il cliente. Questo sistema di controlli assicura un monitoraggio continuo e un rigoroso presidio sulle operazioni finanziarie, contribuendo alla trasparenza e alla prevenzione di attività illecite.
Concentrando l’analisi sugli aspetti operativi, emergono alcune criticità iniziali che si manifestano già al primo incontro con il cliente, soprattutto in relazione a:
- obblighi di adeguata verifica della clientela;
- obbligo di segnalazione delle operazioni sospette (SOS) all’UIF;
- obblighi di conservazione dei dati e delle informazioni.
Il processo di adeguata verifica rappresenta il pilastro fondamentale del sistema di controllo e mitigazione del rischio di riciclaggio. Questo processo si sviluppa attraverso le seguenti fasi:
- identificazione del cliente e verifica della sua identità.
- individuazione del titolare effettivo, ossia della persona fisica che esercita il controllo sull’entità giuridica.
- acquisizione di informazioni sulla natura e lo scopo dell’operazione richiesta.
- analisi della provenienza e della natura dei mezzi finanziari impiegati.
- monitoraggio continuo dell’operatività del cliente, con aggiornamento costante delle informazioni raccolte nel corso dell’esecuzione del mandato.
Con riferimento al momento operativo dell’iniziale incontro con il cliente, il decreto individua alcune criticità legate all’identificazione del cliente stesso, definendo chiaramente ruoli e responsabilità. In particolare, il fenomeno del riciclaggio rende necessaria l’identificazione di tre figure: il cliente, l’eventuale titolare effettivo e l’origine dei fondi utilizzati.
Per agevolare questo processo, l’articolo 22 del decreto impone ai clienti un preciso obbligo di fornire, per iscritto e sotto la propria diretta responsabilità, tutte le informazioni necessarie allo svolgimento dell’adeguata verifica.
Come anticipato, il processo operativo di adeguata verifica si articola in più fasi: inizialmente, si procede con l’identificazione del cliente, acquisendo le informazioni essenziali e definendo un profilo di rischio (rating) basato su specifici parametri. Tali parametri prendono in considerazione tanto il tipo di prestazione professionale richiesta (rischio inerente), quanto le caratteristiche del cliente e l’effettiva attività da svolgere (rischio specifico). La combinazione ponderata di questi elementi determina un indice di rischio complessivo, che guida l’intensità delle misure preventive da adottare. Per facilitare questo processo, viene impiegato un apposito questionario, sottoscritto dal cliente stesso, al quale segue una scheda finale di valutazione predisposta dal partner o dal responsabile Antiriciclaggio (AR).
Dal punto di vista operativo, il processo di identificazione del cliente si concretizza con la raccolta di informazioni provenienti da fonti affidabili e indipendenti, idonee a confermare l’identità sia del cliente stesso sia dell’eventuale soggetto esecutore. Tra le fonti utilizzabili rientrano documenti ufficiali quali carta d’identità o altri documenti equipollenti, visure camerali, utenze, banche dati relative a contraffazioni o liste criminali, oltre a informazioni reperibili tramite motori di ricerca.
Durante questa fase è essenziale assicurarsi che le informazioni raccolte siano validate attraverso almeno due fonti distinte e indipendenti. Inoltre, è necessario prestare particolare attenzione ad elementi quali la presenza di soggetti politicamente esposti (PEP), la localizzazione geografica del cliente, la struttura degli assetti proprietari, l’eventuale esposizione verso paesi inseriti nelle cosiddette “black list”, nonché il comportamento manifestato dal cliente stesso durante il processo di verifica. Ulteriori parametri rilevanti riguardano il grado di conoscenza della normativa antiriciclaggio dimostrato dal cliente e il tipo di attività economica svolta.
Nell’ambito della revisione, la prestazione resa dal revisore emerge già a partire dalle fasi prodromiche all’accettazione dell’incarico, che rappresentano un momento decisivo per la corretta impostazione del mandato (si veda “Fasi prodromiche all’accettazione dell’incarico di revisione”). In questa fase preliminare, infatti, si innesta il delicato processo di adeguata verifica previsto dalla normativa antiriciclaggio, finalizzato alla valutazione e mitigazione dei rischi di riciclaggio e finanziamento al terrorismo. L’interconnessione tra revisione e adempimenti antiriciclaggio è evidente, poiché il revisore, durante le attività precontrattuali, deve raccogliere e analizzare informazioni rilevanti sull’identità del cliente, sulla provenienza dei mezzi finanziari impiegati e sulla struttura societaria, valutando attentamente anche eventuali esposizioni a rischi legati a Paesi classificati nelle black lists. Tale attività, svolta preventivamente, garantisce non soltanto il rispetto degli obblighi normativi, ma permette anche una migliore definizione del rischio complessivo dell’incarico di revisione, assicurando un elevato standard di indipendenza, trasparenza e qualità professionale.
Per completare efficacemente il processo di adeguata verifica, il revisore è inoltre tenuto a identificare il Titolare Effettivo, ossia il soggetto che risulta essere il reale beneficiario economico della prestazione. Quest’ultimo deve sempre corrispondere ad una o più persone fisiche chiaramente individuabili. La normativa vigente e le norme tecniche forniscono specifici strumenti metodologici che facilitano l’individuazione dei titolari effettivi, specialmente nei casi caratterizzati da complessità strutturali, come la presenza di numerosi soci, catene societarie articolate, istituti fiduciari o trust.
Il processo suggerito per individuare il titolare effettivo è strutturato attraverso più fasi successive: dapprima, si verifica se esistano persone fisiche con una partecipazione superiore al 25% del capitale sociale del cliente. Qualora non vi siano soci che superano tale soglia, occorre valutare la presenza di situazioni che consentano di esercitare la maggioranza dei diritti di voto in assemblea o di condizioni che permettano l’esercizio di un’influenza dominante sulla gestione. Solo in assenza anche di queste ultime condizioni, il revisore applicherà la regola residuale che prevede l’identificazione dei soggetti dotati di poteri di rappresentanza legale dell’ente cliente. Questo percorso, articolato e graduale, garantisce l’efficace individuazione del beneficiario finale anche nelle circostanze più complesse, assicurando il pieno rispetto degli obblighi normativi e una corretta valutazione dei rischi connessi all’incarico.
Un contributo significativo, che non sostituisce gli obblighi previsti ma risulta senz’altro utile, potrebbe derivare dall’istituzione del Registro dei Titolari Effettivi, introdotto con il provvedimento del Ministero dell’Economia e delle Finanze dell’11 marzo 2022. Tuttavia, il funzionamento di tale registro è attualmente sospeso, in attesa che la Corte di Giustizia dell’Unione Europea si pronunci su alcune questioni pregiudiziali sollevate dal Consiglio di Stato, a seguito dell’impugnazione presentata da alcune categorie di soggetti obbligati davanti al TAR del Lazio.
Un breve accenno finale merita il tema del monitoraggio costante. I revisori sono chiamati ad applicare le misure di adeguata verifica della clientela in maniera coerente con le metodologie e i processi propri dell’attività professionale esercitata, rispettando le disposizioni normative e regolamentari relative alla revisione legale, nonché i principi di revisione applicabili (Regolamento Consob 20570/2018). Non è richiesta, pertanto, l’adozione di specifiche procedure aggiuntive mirate esclusivamente alla ricerca di operazioni sospette; è invece lo svolgimento stesso della revisione, eseguito secondo principi corretti e tenendo conto degli indicatori di anomalia forniti dalle autorità competenti, che dovrebbe consentire al revisore di adempiere efficacemente a questo obbligo.
Il processo di adeguata verifica, come descritto precedentemente, deve essere documentato in modo chiaro e completo, risultando verificabile in caso di controllo da parte delle autorità competenti. L’istituzione di un fascicolo antiriciclaggio dedicato a ciascun cliente, in formato cartaceo o digitale, rappresenta dunque lo strumento ideale per tracciare in maniera dettagliata la valutazione iniziale effettuata, archiviare la documentazione raccolta e attestare il rispetto dei termini periodici di aggiornamento e del controllo di validità dei documenti conservati. Ad integrazione di ciò, strutture organizzative più grandi e complesse dovranno dotarsi di procedure interne ben definite e di modalità organizzative adeguate a garantire una efficace governance del processo; tra queste assume particolare rilievo la nomina di un Responsabile Antiriciclaggio (Responsabile AR).
Va sottolineato, inoltre, il ruolo fondamentale che il Decreto attribuisce agli organismi di autoregolamentazione professionale, i quali hanno il compito di promuovere e vigilare sull’osservanza degli obblighi in materia di antiriciclaggio. Nello specifico, tali organismi emanano linee guida e regole tecniche, curano la formazione continua degli iscritti e, quando necessario, adottano misure sanzionatorie sul piano disciplinare. Per un ulteriore approfondimento, si segnala il recente documento del CNDEC, pubblicato a gennaio 2025, che aggiorna le regole tecniche riguardanti gli obblighi di autovalutazione del rischio, adeguata verifica della clientela e conservazione della documentazione.
In conclusione, appare opportuno evidenziare come il processo di adeguata verifica antiriciclaggio e le fasi prodromiche all’accettazione dell’incarico di revisione (si veda “Fasi prodromiche all’accettazione dell’incarico di revisione”) rappresentino attività strettamente correlate e complementari. Entrambi i processi condividono l’obiettivo comune di identificare e mitigare in modo preventivo i rischi legati all’incarico professionale, tutelando al contempo l’indipendenza e la reputazione del revisore. La rigorosa applicazione delle norme antiriciclaggio, unitamente alla strutturata valutazione preliminare dell’incarico di revisione, costituisce dunque un elemento imprescindibile per assicurare qualità, affidabilità e trasparenza nell’attività di revisione legale. Tale sinergia normativa e procedurale garantisce al contempo una gestione efficace del rischio complessivo dell’incarico, tutelando sia il revisore sia l’intero sistema finanziario ed economico.
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