Resilienza, sostenibilità e innovazione: le sfide dell’Industria nell’era della complessità


L’industria si trova oggi ad affrontare un contesto complesso in cui, alla necessità di affrontare la Twin Transition (la doppia transizione digitale e green), si affiancano delle vere e proprie “scosse telluriche” sul piano geopolitico con effetti sulla sicurezza, il commercio internazionale e il contesto economico e che riducono la visibilità delle imprese sul futuro.

Dall’altro, la transizione verso pratiche più sostenibili e l’adozione di tecnologie digitali avanzate restano degli imperativi per mantenere la competitività e rispondere alle aspettative dei mercati e delle politiche ambientali.

Di questo si è parlato nel corso della plenaria di apertura dell’Industey 4.0 360 Summit, dal titolo “Resilienza, sostenibilità e innovazione: le sfide dell’Industria nell’era della complessità“.

L’importanza degli ecosistemi industriali per la competitività dell’industria europea

In uno scenario che vede la fine del multilateralismo e il riacuirsi delle guerre commerciali – con i dazi imposti dagli Usa –, l’industria europea è chiamata alla duplice sfida di tutelare la sua competitività in un mercato globale sempre più incerto (e spesso ostile) superando, al tempo stesso, la sfida delle Twin Transition.

Una risposta adeguata a queste sfide deve partire dagli ecosistemi industriali, secondo Marco Taisch, Presidente MADE Competence Center e Presidente della fondazione MICS.

“Creare ecosistemi industriali integrati significa unire risorse e competenze di diversi Paesi membri dell’Unione Europea, per rafforzare la competitività collettiva e superare la frammentazione del mercato europeo”, spiega il professore.

Questa visione mira a sfruttare le specificità di ciascun paese, trasformandole in un vantaggio competitivo che permette all’Europa di prosperare in un panorama geopolitico sempre più incerto e frammentato.

Ma per prosperare, sottolinea il professore, occorre che istituzioni e imprese affrontino le Twin Transition con un approccio pragmatico.

Per quanto riguarda la transizione digitale, occorre accettare che sul terreno di tecnologie avanzate, come l’Intellligenza Artificiale, l’Europa ha ormai perso la partita con Cina e Stati Uniti.

“Ormai il divario accumulato è troppo ampio. Il treno dell’AI è perso. Dobbiamo invece aumentare la diffusione di queste tecnologie. L’Italia ha una lunga tradizione come paese trasformatore e possiamo sfruttare questa nostra competenza anche in campo di dati”, aggiunge il professore.

La necessità di un approccio pragmatico alle Twin Transition

Anche sulla transizione sostenibile c’è necessità di un approccio più pragmatico. In questa direzione va il pacchetto Omnibus presentati dalla Commissione europea, che semplifica gli oneri burocratici (che in alcuni casi vengono eliminati) in tema di  rendicontazione di sostenibilità per le aziende.

“Si tratta di una correzione in chiave pragmatica del Green Deal presentato nel 2019 che poneva un forte accento sulla sostenibilità ambientale, che diveniva un costo per le imprese, senza tenere conto della dimensione economica e sociale della sostenibilità. La crisi del settore automotive è un esempio degli impatti di questa visione”, spiega il professore.

Tuttavia, vedere la proposta rimozione di alcuni obblighi in materia di sostenibilità come “scusante” per non affrontare questa transizione è una scelta miope, visto che la spinta normativa è solo uno dei fattori che trainano la transizione.

“Questa transizione, ricordiamo, ci viene richiesta dal mercato. I consumatori di oggi e del domani sono nativamente digitali e sostenibili”.

Della stessa opinione anche Umberto Bertelé, Professore emerito di strategia e chairman Osservatori digital Innovation, che sottolinea come il precedente quadro normativo europeo era poco adatto a un sistema imprenditoriale predominato da PMI.

“Quello della scalabilità delle aziende è un altro tema cruciale per le nostre imprese e su cui dobbiamo impegnarci maggiormente. Avere imprese di grandi dimensioni significa avere voce quando si partecipa a tavoli internazionali”, spiega.

Dazi, incertezza e Twin transition: l’impatto sul settore delle macchine utensili

Gli effetti di questi fattori di instabilità e incertezza sono già evidenti in diversi settori dell’industria, come quello delle macchine utensili, fortemente orientato all’export.

“Il 2024 non si è chiuso positivamente per il nostro comparto, speravamo in risultati migliori. E anche per quest’anno vediamo deboli segnali di ripresa”, commenta Riccardo Rosa, presidente di Ucimu – Sistemi per Produrre.

Sulla situazione degli ordini, per quanto riguarda la domanda interna – che ha registrato un forte calo – ha pesato l’incertezza relativa agli incentivi e, nello specifico, a Transizione 5.0.

“Sul 5.0 auspichiamo che arrivi per lo meno la proroga che dia tempo alle imprese di metabolizzare la normativa e le nuove semplificazioni. Ma è importante che si insista anche sugli incentivi legati a Transizione 4.0 perché sappiamo che c’è ancora almeno una metà delle imprese che non ha effettuato investimenti nel digitale”, spiega.

Meno sofferente del mercato interno è stato l’export, che nel 2024 ha raggiunto un valore di 4,5 miliardi. “Sul fronte dei mercati internazionali, gli Stati Uniti si posizionano come il principale partner di esportazione, contribuendo con 600 milioni di euro al nostro settore. Per questo siamo preoccupati dai dazi, sebbene finora i macchinari non siano stati colpiti, mentre le materie prime sì, causando danni indiretti. Altri mercati chiave includono Germania, India e Cina, con l’India in crescita e la Cina in contrazione secondo le analisi del nostro osservatorio”, aggiunge.

Anche l’industria delle tecnologie di automazione ha registrato un andamento non positivo nel 2024, con segnali non incoraggianti anche per quanto riguarda l’inizio del 2025.

“Non abbiamo ancora i dati di consuntivo ma stimiamo per il 2024 un calo di circa il 27%”, spiega Andrea Bianchi, presidente di ANIE Automazione.

“Anche per quanto riguarda il 2025 si prospetta una situazione difficile: le previsioni che abbiamo fatto a inizio anno erano forse eccessivamente ottimiste rispetto a quello che vediamo essere il sentiment delle imprese, ora orientate su una posizione più conservativa”, aggiunge.

La trasformazione digitale delle imprese: opportunità e sfide per una competitività sostenibile

Aiutare le aziende nella consapevolezza di tutti gli aspetti legati alla trasformazione digitale è uno degli obiettivi dei Digital Innovation Hub, centri di competenza e supporto creati per aiutare le imprese – in particolare le piccole e medie imprese (PMI) –, a cogliere le opportunità offerte dalla digitalizzazione e dall’innovazione tecnologica.

“L’analisi della maturità digitale delle imprese, condotta su un campione di 2.700 aziende, ha rivelato che la maggioranza delle organizzazioni si trova a metà del percorso di trasformazione digitale“, spiega Gianluigi Viscardi, Presidente Consorzio Intellimech e Presidente Cluster Fabbrica Intelligente e coordinatore nazionale dei Digital Innovation Hub di Confindustria, nonché fondatore di Cosberg.

I risultati indicano che il 55% delle imprese si posiziona tra 2,5 e 3,5 su una scala da 1 a 5, suggerendo un livello intermedio di maturità digitale. Solo una piccola frazione, l’1%, rientra nelle estremità della scala, mostrando una maturità digitale molto elevata o molto scarsa.

“Un trend rilevante emerso dall’assessment è che la maturità digitale tende a crescere con la dimensione dell’azienda, con le piccole e medie imprese (PMI) leggermente più arretrate rispetto alle grandi aziende”, aggiunge Viscardi.

La necessità di interventi di aggiornamento è particolarmente evidente nei servizi post-vendita, che per il 92% delle imprese sono ancora gestiti tramite canali e metodi tradizionali.

Inoltre, mentre le funzioni di ricerca e sviluppo, produzione e qualità mostrano un livello di maturità digitalmente più avanzato, le aree della logistica e delle risorse umane rimangono indietro, richiedendo attenzione e investimenti per colmare il divario digitale.

Lavorare su questi temi è un passo cruciale per poter sfruttare le opportunità offerte dalla digitalizzazione, come i nuovi modelli di business basati sulla servitizzazione.

“Per abbracciare pienamente questo modello, è essenziale ridisegnare le strutture produttive con un focus sullo sviluppo delle competenze necessarie. Un aspetto chiave è la semplicità delle macchine: devono essere progettate per fornire soluzioni, piuttosto che complicare i processi, facilitando così l’adozione della servitizzazione”, spiega Viscardi.

La servitizzazione si interseca poi strettamente con il grande tema dell’economia circolare, promuovendo il riutilizzo degli impianti invece di considerarli come risorse usa e getta.

Le fabbriche del futuro dovranno quindi essere più flessibili e orientate al servizio, integrando innovazioni che permettano di trasformare i prodotti in servizi, arricchendo l’offerta e creando nuovi modelli di business sostenibili ed efficienti.

Il digitale, quindi, non è solo un ambiente in cui operare, ma una condizione che accelera e trasforma le possibilità di crescita delle aziende.

In questo contesto, l’Intelligenza Artificiale emerge come uno strumento chiave per trasformare le competenze e creare nuove opportunità, nonostante i ritardi nell’adozione delle tecnologie, come nel caso dell’ AI generativa.

Il ruolo delle grandi aziende – e, nello specifico, dei fornitori di tecnologie, infrastrutture e servizi – è quindi cruciale per promuovere la duplice transizione.

“I data center di TIM Enterprise, alimentati da fonti sostenibili, sono un esempio di come le aziende possano coniugare efficienza energetica e innovazione. La sostenibilità, infatti, non deve essere vista solo come un dovere ambientale, ma come un elemento imprescindibile per la competitività futura”, commenta Tommaso Bonaccorsi di Patti, Responsabile Go to Market & Service Creation di TIM Enterprise.

Per le imprese, l’accesso a soluzioni digitali avanzate, come il 5G e il cloud, oltre a una robusta sicurezza informatica, è fondamentale per abilitare una trasformazione integrata e sostenibile.

Questi elementi sono essenziali per ripensare i modelli di investimento tradizionali e per evolvere verso strategie più agili e sostenibili, che sappiano integrare l’innovazione con un impegno concreto verso la sostenibilità e l’economia circolare.

Fare leva sull’innovazione e sugli ecosistemi

Davanti a queste sfide, alcune aziende stanno rispondendo con un approccio basato sull’innovazione e sulla collaborazione all’interno dei propri ecosistemi industriali. È questo il caso di Bosch Rexroth, come spiega Ugo Caratti, Managing Director e CFO Sales Europe South dell’azienda.

“In risposta ai grandi mutamenti degli ultimi 15 anni, e in particolare all’accelerazione degli ultimi 5, Bosch Rexroth ha adottato una strategia mirata all’innovazione continua e all’adattamento flessibile”.

L’azienda ha riorganizzato la sua struttura interna e la supply chain per garantire una maggiore reattività e efficienza, mantenendo un focus costante sull’evoluzione tecnologica.

Bosch Rexroth ha però anche lavorato sull’offerta dei prodotti, con l’obiettivo di posizionarsi come leader nell’offerta di tecnologie avanzate, capaci di soddisfare le esigenze di un mercato in continua trasformazione, puntando su soluzioni aperte.

L’azienda ha un punto di vista forte anche rispetto al concetto di umanocentrismo, uno dei pilastri fondamentali dell’Industria 5.0. L’azienda riconosce l’importanza crescente del ruolo delle persone nel contesto industriale e si impegna a integrare l’innovazione tecnologica con l’esperienza umana.

“Bosch Rexroth lavora per umanizzare la tecnologia, rendendola più accessibile e centrata sull’utente, con l’obiettivo di migliorare l’interazione uomo-macchina e promuovere un ambiente di lavoro più inclusivo e sostenibile”, spiega Caratti.

La sfida della cyber security in un settore ancora poco consapevole e maturo

Tra le sfide più impellenti per le realtà manifatturiere c’è anche quella della cyber security. le aziende del comparto industriale, una volta poco attenzionate dai criminali informatici, hanno infatti visto moltiplicarsi esponenzialmente negli ultimi anni gli attacchi a loro danno.

“La manifattura in Italia è tra i settori più colpiti e anche nel confronto mondiale gli attacchi a danno delle imprese manifatturiere del nostro Paese costituiscono una fetta significativa del totale degli attacchi registrati”, spiega Fabio Sammartino, Head of Presales di Kaspersky Italia.

Attacchi che hanno effetti molto gravi, non solo dal punto di vista economico, ma anche dal punto di vista sociale: l’interruzione delle attività, infatti, ha un impatto anche sui lavoratori, con il ricorso agli ammortizzatori sociali da parte delle aziende.

“Questo accade perché il settore manifatturiero italiano non è ancora adeguatamente maturo dal punto di vista della sicurezza informatica, rendendo anche gli attacchi più semplici potenzialmente devastanti”, aggiunge Sammartino.

Come affrontare, quindi, la sfida della cybersecurity? Sammartino suggerisce un approccio basato su tre passaggi:

  1. migliorare la consapevolezza sulle vulnerabilità delle infrastrutture attraverso la “self awareness”
  2. sviluppare piani di resilienza che prevedano le reazioni del sistema in caso di attacco
  3. investire nella formazione delle competenze specifiche degli operatori.

Questi elementi sono fondamentali per colmare il gap tecnologico e affrontare efficacemente le sfide della sicurezza cibernetica nel settore.




Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link