Eurogate, quegli emendamenti di Martusciello che favorivano Huawei e le altre aziende cinesi in Ue


Bonifici per 46mila euro per una lettera da inviare ai vertici della Commissione europea. Una missiva con la quale Fulvio Martusciello, capodelegazione di Forza Italia al Parlamento Ue, e altri sette colleghi a Bruxelles (Giuseppe Milazzo, Herbert Dorfmann, Aldo Patriciello, Giuseppe Ferrandino, Cristian-Silviu Busoi, Daniel Buda e Ciuhodaru Tudor) chiedevano a Palazzo Berlaymont di mettere fine al “razzismo tecnologico” provocato dalle restrizioni nei confronti di alcune aziende sullo sviluppo del 5G in Unione europea. Per i magistrati della Procura federale di Bruxelles è questa la prova madre che i soldi trasferiti dai lobbisti europei a una decina di parlamentari hanno avuto l’effetto desiderato, ossia quello di favorire il colosso cinese delle telecomunicazioni Huawei. Ma c’è di più. Stando ai contenuti delle carte pubblicati da Repubblica, il capo dell’ufficio Huawei di Bruxelles Valerio Ottati, anche lui arrestato insieme ad almeno altri 4 lobbisti, durante una conversazione in auto con un collega polacco il 17 settembre 2024 rivela un elemento fondamentale: “Noi spesso oltrepassiamo il limite. Paghiamo per gli emendamenti“. E di emendamenti che potessero favorire Huawei Martusciello ne ha presentati diversi.

È il 3 febbraio 2021 e nella commissione per i Problemi Economici e Monetari (ECON) del Parlamento europeo viene presentato il Rapporto sulle politiche di concorrenza 2020. Al voto parteciperà anche l’attuale capodelegazione di Forza Italia nel ruolo di membro sostituto. Ma soprattutto è lui uno dei relatori ombra del testo che sarà presentato prima alla commissione parlamentare e, successivamente, all’Eurocamera. E sarà lui stesso a presentare anche 24 emendamenti. Cinque di questi, per i loro contenuti, se approvati avrebbero portato vantaggi alle aziende cinesi in vari ambiti, mentre la linea del suo partito era quella della chiusura rispetto a Pechino. Alcuni di questi emendamenti fanno esplicito riferimento proprio a Huawei.

Il contesto è importante da ricordare, dato che non in tutti i passaggi si fa esplicito riferimento all’azienda cinese o al governo di Pechino: a cavallo tra la fine della prima amministrazione Trump e l’inizio del mandato di Joe Biden, il tema dello sviluppo delle reti 5G nel Vecchio Continente è stato molto dibattuto. Washington premeva per l’esclusione delle aziende della Repubblica Popolare anche in Europa, adducendo motivi di sicurezza. Nelle istituzioni europee il tema è stato oggetto di numerosi dibattiti, nel tentativo di trovare un giusto equilibrio tra la salvaguardia dei dati dei cittadini (e non solo) e il principio di libera concorrenza. Tanto che negli anni, poi, l’Ue si è dotata di regole più stringenti che ogni azienda coinvolta nello sviluppo della rete era tenuta a rispettare.

È in questo clima, con le società cinesi impegnate a evitare l’esclusione dal mercato Ue, che vanno interpretati anche gli emendamenti presentati da Martusciello. Il primo, il numero 40, richiama per contenuti la famosa lettera inviata alla Commissione europea nella quale si esprime a Palazzo Berlaymont “preoccupazione riguardo alla politicizzazione della diffusione della tecnologia 5G in tutta la nostra Unione” e si condanna l’atteggiamento di alcuni Stati membri che volevano “vietare l’uso di dispositivi 5G stranieri per secondi fini e paure infondate di rischi per la sicurezza nazionale”. Il testo dell’emendamento è chiaro: “Si invita la Commissione a imporre sanzioni per tutte le forme di boicottaggio economico in uno Stato membro contro i prodotti provenienti da una specifica area geografica, riconoscendo il boicottaggio come una grave forma di distorsione della concorrenza“. Un principio generale che, se affiancato ad altre correzioni proposte da Martusciello sullo stesso testo, rendono evidente il tentativo del politico di Pozzuoli di allargare le maglie in materia di concorrenza. L’emendamento 49, ad esempio, dice: “Qualsiasi intervento sugli squilibri, a tutela della concorrenza leale, deve essere attenuato al fine di tutelare la libertà contrattuale, fondamentale per il benessere delle imprese”. Si entra poi nello specifico del tema del 5G: il Parlamento, si legge nell’emendamento 215, “ritiene tuttavia che si debbano evitare sanzioni unilaterali e barriere commerciali basate su motivi protezionistici, in particolare nel caso del 5G. Invita pertanto la Commissione e gli Stati membri a sostenere i principi fondamentali del 5G toolbox, uno dei quali è la necessità che tutti gli operatori del settore godano di condizioni di parità, senza discriminazioni basate sulla loro origine, purché rispettino i criteri tecnici e basati sui fatti”.

Un punto, quest’ultimo, che ricalca perfettamente la lettera inviata poche settimane prima da Martusciello e altri sette eurodeputati alla Commissione. Nessun riferimento esplicito a Huawei, né nella missiva né nell’emendamento 215. Diverso, invece, il caso dell’emendamento 248, dove il colosso cinese viene citato direttamente. Nella bozza del report si legge: si “ritiene che il Parlamento debba svolgere un ruolo attivo nel dibattito politico sulla politica di concorrenza, anche organizzando un’audizione pubblica con i Ceo di GAFA (Google, Amazon, Facebook, Apple)”. A questa lista di aziende Martusciello propone di affiancarne altre: “Huawei, Ericsson, Nokia, Samsung”, si legge nell’emendamento.

Un’apertura esplicita all’azienda cinese e alla Repubblica Popolare. Esattamente la stessa cosa che avviene con l’emendamento 146. Nel testo della relazione si “esprime preoccupazione per la concorrenza distorsiva finanziata dallo Stato da parte di imprese cinesi e straniere che acquisiscono imprese europee, in particolare quelle attive nel settore delle tecnologie innovative”. La proposta di Martusciello? Togliere il riferimento alle aziende cinesi.



Source link

***** l’articolo pubblicato è ritenuto affidabile e di qualità*****

Visita il sito e gli articoli pubblicati cliccando sul seguente link

Source link