Tra il 2012 e il 2024, certifica la Confcommercio, in Italia hanno chiuso più di un negozio ogni cinque: sono spariti quasi 118mila negozi in sede fissa (-21,4%), di cui 38mila sono estinti in seguito alla pandemia. Il fenomeno della desertificazione commerciale è sotto gli occhi di tutti. Saracinesche abbassate si trovano ovunque: nelle grandi come nelle piccole città; nei centri storici come nelle zone semicentrali o periferiche. La desertificazione è ancora più accentuata dal fenomeno delle chiusure delle filiali bancarie. Nei 122 Comuni al centro dell’analisi curata dal capo del centro studi di Confcommercio, Mariano Bella, tra il 2015 e il 2023 gli sportelli sono passati da 8.026 a 5.173 (-35,5%): più di una filiale ogni tre ha chiuso i battenti per sempre. Così l’accoppiata di banche e negozi spegne del tutto le nostre strade: la correlazione lineare tra i due fenomeni registra la sparizione del 34% delle vetrine su strada. Ed è lo spegnimento delle luci che porta ad avere pochi servizi, città meno vivibili e soprattutto più insicure, perché più buie e deserte.
Tra le cause della desertificazione spicca il boom delle vendite on line. Un fenomeno che in vent’anni è passato da zero a una quota di mercato dell’11% per i beni e il 17% per i servizi. Ma che Confcommercio invita però a «non demonizzare» in quanto «scelto liberamente da miliardi di persone» in tutto il mondo. Lo stesso fanno i sindacati bancari di fronte alla digitalizzazione: il progresso non si può fermare. Tuttavia qualcosa si può fare. Per esempio replicare il modello dell’industria 4.0: lo Stato incentivi gli investimenti mirati a digitalizzare il commercio. Serve una sorta di “Terziario 4.0” che, in estrema sintesi, permetta a chiunque investa in tecnologia nel settore del commercio e turismo – soprattutto le piccole imprese – di avere crediti d’imposta o agevolazioni fiscali.
L’idea è quella di spingere ogni negozio, soprattutto i più piccoli, ad avere una vetrina “on line” di portata locale. Nella prima fascia dimensionale, quella dei negozianti più grandi, è già così, con ricadute positive anche sull’occupazione (per seguire ordini e consegne). Ma per aiutare e stimolare anche quelli di seconda e terza fascia servono incentivi tecnologici. Inoltre c’è bisogno che le istituzioni accelerino sul tema della connettività, colmando i vuoti e le inefficienze che frenano lo sviluppo del terziario digitale. Con questo tipo di evoluzione anche il negozietto avrà il suo futuro e la sua clientela, nonostante la crescita dei giganti del Web.
L’altro aspetto da curare è quello degli affitti brevi, che producono una sorta di trade off per i commercianti: bene per i tanti turisti di passaggio, male per la fuga dei residenti dai centri storici. Una regolamentazione degli affitti brevi è un altro elemento importante per fermare la desertificazione commerciale.
Che va di pari passo con lo svuotamento dei centri storici. Ecco perché un doppio intervento, normativo e fiscale, a salvaguardia del terziario diventa un tema non solo economico o addirittura corporativo, bensì un’urgenza di carattere sociale.
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