In libreria Il laboratorio della città nuova, Foqus nei Quartieri Spagnoli


Roma, 13 apr. (askanews) – Nelle librerie “Il laboratorio della città nuova – FOQUS nei Quartieri Spagnoli” di Renato Quaglia, edito da Rubbettino: è il racconto di un’esperienza che a Napoli, in uno dei quartieri più fragili d’Europa, è stata al tempo stesso una visione e una sfida al futuro. Quaglia, insieme a Rachele Furfaro, è stato ideatore del progetto e fondatore della Fondazione FOQUS, di cui è tuttora direttore. Il libro è stato scritto lavorando al grande progetto di rigenerazione urbana-educativa, tra speranze e risultati, errori e soluzioni, osservando professionisti, cittadini, istituzioni, attivisti che vi partecipavano, e progetti internazionali studiati per trarne suggestioni. Tutto è confluito in un libro che, ripercorrendo i passaggi decisivi del progetto nei Quartieri Spagnoli, riflette anche sui limiti e le potenzialità del fenomeno della rigenerazione urbana e dei laboratori sociali in Italia e in Europa. Quartieri esausti, che segnano il destino di chi ci nasce, le periferie prive di scuole, centri culturali o sportivi, le aree urbane che alimentano insicurezza, disoccupazione, disagi sociali e generazionali, dichiarano più che la crisi della città, soprattutto la crisi del modello economico e sociale che produce gli effetti. Scampia a Napoli, lo Zen a Palermo, Corviale a Roma, le Dighe a Genova, San Paolo a Bari, Quarto Oggiaro a Milano, non sono più degli unicum: sono diventati i sinonimi che descrivono l’inadeguatezza di moltissimi quartieri anonimi, che ormai si ritrovano in ogni città, grande o piccola. Non solo aree di criticità irrimediabili, sostiene Quaglia: sono invece le uniche aree da cui può ripartire il disegno di una nuova città.

“Il laboratorio della città nuova – FOQUS nei Quartieri Spagnoli” offre al lettore considerazioni sulle politiche pubbliche, le innovazioni sociali e i più interessanti progetti italiani, esempi di progetti internazionali, un panorama critico sui modi con cui viene finanziato il sociale in Italia, dati e informazioni sulle iniziative che offrono nuove prospettive a quartieri marginalizzati, a edifici dismessi, a città che ricominciano a pensare al futuro. Il libro affronta anche alcune delle questioni più dibattute in questi anni: come vengono rese disponibili le risorse necessarie al lavoro sociale, i bandi emessi dalle fondazioni di erogazione, come si comporta l’ente locale di fronte alle molte esperienze che stanno cambiando il volto e le prospettive delle città, cosa occorrerebbe per dare prospettiva ai laboratori sociali che si sono dimostrati efficaci.

“Il laboratorio della città nuova” racconta un modello di innovazione sociale che è stato partecipato da una comunità complessa come quella dei Quartieri Spagnoli a Napoli, insieme a cui ha saputo produrre una profonda trasformazione, portata ad esempio in Europa e replicabile in ogni periferia, innescando processi positivi di benessere condiviso. Acronimo della Fondazione Quartieri Spagnoli, come scrive Roberto Saviano nella prefazione: “la Fondazione FOQUS è un piccolo grande miracolo partenopeo”.

Il laboratorio di FOQUS è iniziato, nel 2014, dal recupero di un ex convento cinquecentesco, di proprietà di un ordine religioso e negli ultimi anni abbandonato, e dall’investimento di una scuola dalla pedagogia sperimentale, quella di Rachele Furfaro, che assegna al ruolo educativo una funzione propulsiva straordinaria. Oggi, quel grande edificio abbandonato è abitato ogni giorno da una comunità educativa, economica e produttiva composta da più di 3.000 persone. Si sono creati 208 posti lavoro, vi studiano più di 1.000 bambini (in un quartiere dai tassi di abbandono scolastico superiori al 30% e dove vive il 10% dei bambini di tutta Napoli). Quella parte dei Quartieri Spagnoli che dieci anni fa era “la meno frequentata e la meno frequentabile”, oggi, oltre che un luogo di educazione, cura e lavoro, è anche un riferimento culturale per tutta la città, richiamata da presentazioni di libri, una biblioteca, una sala cinematografica, uno spazio per convegni e concerti, una galleria d’arte e una collezione di opere di maestri contemporanei, da Pistoletto a Palladino, Tatafiore, Manzo. Organizza progetti a favore di donne fragili, corsi di formazione per giovani, un centro per giovani e adulti con disabilità cognitive, iniziative di inclusione che disegnano un modello di nuovo welfare compartecipativo, che crea correlazioni tra persone, competenze, specializzazioni, possibilità. A FOQUS l’educazione è la chiave della trasformazione generativa: ci sono un nido e scuole dall’infanzia alle secondarie di primi grado; una sede distaccata dell’Accademia di Belle Arti; un centro di formazione professionale, un istituto di musicoterapia, corsi per la creazione di reti sociali, start-up e piccole imprese locali, spazi e opportunità di networking. FOQUS ha inaugurato due anni fa la prima scuola a vocazione ambientale d’Italia e promuove progetti di sostenibilità ed economia circolare.

Il libro racconta come le aree del disagio possano trovare una nuova possibilità, imboccare una diversa traiettoria di futuro, di come un progetto sistemico (che cioè agisce contemporaneamente su educazione, cultura, lavoro, welfare, inclusione) possa avere un impatto reale sulla vita di una comunità partendo dai suoi cittadini più vulnerabili, creare un ambiente in cui tutti possano trovare un proprio ruolo, sentirsi parte di una comunità e contribuire al benessere collettivo. Dar vita a una città nuova. Ma molte delle migliori esperienze non diventano ancora politiche pubbliche, non sono accolte dall’ente pubblico. “Si otterrebbero ben diversi risultati – avverte Renato Quaglia – se Stato e innovatori sociali agissero nella stessa direzione, progettando insieme un terzo modello, oltre la dicotomia pubblico- privato dei decenni passati, verso una nuova interpretazione dell’interesse pubblico e una coraggiosa applicazione dei concetti di bene comune”. La necessità di rimediare agli errori del Novecento, di sostituire nuovi orizzonti a prospettive che paiono inevitabili e incorreggibili, impone di rendere reale il possibile, con coraggio.

“Quando questi laboratori di cittadinanza attiva diventano parte del vissuto di una comunità, allora il cambiamento è irreversibile, non più cancellabile. Ognuna di quelle comunità costruisce una città nuova, inclusiva e aperta. E – conclude Renato Qaglia – sceglierà chi portare con sé nel futuro”.



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