Dazi, per gli economisti il rischio di una recessione globale è sempre più elevato


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Sondaggio Reuters: per il 60% il pericolo che l’economia mondiale si contragga è ‘alto’ o ‘molto alto’. E anche se Trump facesse marcia indietro, il contraccolpo di quanto avvenuto e dell’enorme incertezza sarebbe pesante

Anche se Donald Trump dovesse ripensarci, il rischio che l’economia globale scivoli in recessione nel 2025 rimane elevato. L’onda d’urto degli annunci sulle maxi tariffe, oltre ai dazi generali al 10% e a quelli al 145% sui prodotti cinesi, hanno infatti già abbattuto il sentiment delle imprese e compromesso irrimediabilmente la crescita. Ne sono convinti gli economisti intervistati in un sondaggio Reuters, gli stessi che solo tre mesi fa prevedevano un’espansione globale ad un ritmo forte e costante.

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A picco il sentiment delle imprese

Gli esperti, che coprono 50 economie, sottolineano come i tracolli dei mercati finanziari delle scorse settimane abbiano mandato in fumo migliaia di miliardi di dollari e scosso profondamente la fiducia degli investitori negli asset statunitensi, dollaro incluso. Ora, sebbene il presidente abbia optato per una pausa, le tariffe comunque in vigore e l’incertezza sulle future mosse dell’Amministrazione USA continuano a costituire una seria ipoteca sulla crescita: molte aziende globali hanno infatti ritirato o ridotto le previsioni di fatturato. “È già abbastanza difficile per le imprese pensare a luglio senza sapere quali saranno i dazi reciproci. Provate a pianificare un altro anno. Per non parlare di immaginare cosa sarà tra cinque anni”, ha sottolineato a Reuters James Rossiter, head of global macro strategy di TD Securities.

Tre economisti su quattro hanno tagliato le stime di crescita

Con un’insolita unanimità, neppure uno degli oltre 300 economisti intervistati dal 1° al 28 aprile ha affermato che i dazi hanno avuto un impatto positivo sul sentiment delle imprese. Di contro, il 92% l’ha definito ‘negativo’. Solo per l’8% l’effetto è stato ‘neutrale’, ma tale view riguarda principalmente l’India e altre economie emergenti. Tre quarti degli esperti hanno poi rivisto al ribasso le loro previsioni di crescita globale per il 2025, portando la mediana al 2,7% dal 3,0% di gennaio. Un dato in linea con quello registrato dal Fondo monetario internazionale, la cui previsione si attesta al 2,8%. Stesso discorso per le singole economie: le stime sono state tagliate per 28 regioni sulle 48 coperte dagli intervistati. Solo per dieci economie il consensus è rimasto invariato e per altre dieci, tra cui Argentina e Spagna, è leggermente migliorato, ma soprattutto a causa di ragioni interne. Per Cina e Russia, la previsione di crescita resta invariata rispettivamente al 4,5% e al’1,7%, oltre quella degli Stati Uniti. Taglio netto invece per Messico e Canada, che ora sono viste espandersi dello 0,2% e dell’1,2%. 

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Sale il rischio recessione

Quanto al rischio di una recessione globale, 101 economisti su 167, ovvero il 60%, lo definisce ‘alto’ o ‘molto alto’. Solo per 62 esperti è ‘basso’ e per quattro ‘molto basso’. “In questo contesto è molto difficile per essere ottimisti sulla crescita”, ha spiegato a Reuters Timothy Graf, head of macro strategy per Europa, Medio Oriente e Africa di State Street. A suo parere, infatti, se i dazi fossero eliminati oggi stesso, avrebbero comunque già causato danni considerevoli, “anche solo dal punto di vista degli Stati Uniti come attore affidabile negli accordi bilaterali e multilaterali, dal commercio alla difesa comune”, ha precisato.

Un’altra minaccia incombe poi sul lavoro svolto dalla banche centrali. Il pericolo, secondo gli intervistati da Reuters, è infatti che la stretta monetaria attuata per fermare la forte impennata dei prezzi possa essere vanificata dalla politica commerciale trumpiana, che gli esperti concordano essere inflazionistica. “Tagliare i ponti con il proprio principale partner commerciale avrà un impatto devastante e non proprio meraviglioso sui prezzi, e questo avrà un effetto negativo sui redditi reali e, in definitiva, sulla domanda”, ha fatto notare Graf. Aggiungendo che anche il rischio di una stagflazione è insomma decisamente aumentato.

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