Svolta in atto. A gennaio, i prestiti alle famiglie sono aumentati dello 0,4% sui dodici mesi (+0,2% la rilevazione a dicembre) mentre quelli alle società non finanziarie sono calati dell’1,9%. Il bilancio complessivo resta negativo per due decimali, ma il cambio di segno è a un passo.
In gennaio i prestiti al settore privato sono diminuiti dello 0,2% nel confronto a dodici mesi. Il dato, pur restando in terreno negativo, è in miglioramento rispetto al -0,3% di dicembre, a confermare la progressiva normalizzazione dello scenario dopo il brusco stop ai finanziamenti dovuto dall’impennata dei tassi tra la fine del 2023 e la prima metà dello scorso anno.
Tornando al dato di gennaio, i prestiti alle famiglie sono aumentati dello 0,4% sui dodici mesi (+0,2% la rilevazione a dicembre) mentre quelli alle società non finanziarie sono calati dell’1,9% (-2,3 nel mese precedente). Queste tendenze vanno lette alla luce dei due fattori che influenzano il mercato del credito, vale a dire la domanda e l’offerta. Su quest’ultimo fronte non vi è stata una sostanziale frenata da parte delle banche e delle società finanziarie, mentre l’incertezza economica e i tassi elevati hanno dissuaso la domanda. In particolare, sono le imprese a soffrire maggiormente la difficoltà di capire come evolverà lo scenario a medio termine. Intanto, con tassi più bassi dopo sei tagli consecutivi da parte della Bce, almeno le famiglie stanno riprendendo coraggio.
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Credito al consumo verso il 10%
In gennaio i tassi di interesse sui prestiti erogati nel mese alle famiglie per l’acquisto di abitazioni comprensivi delle spese accessorie si sono collocati al 3,50% (anche in questo caso in frenata dal 3,55% registrato a dicembre); la quota di questi prestiti con periodo di determinazione iniziale del tasso fino a 1 anno è stata dell’11,4% (6,5 il dato di dicembre).
Il TAEG sulle nuove erogazioni di credito al consumo si è fermato al 10,50% (10,09 nel mese precedente). I tassi di interesse sui nuovi prestiti alle società non finanziarie sono stati pari al 4,15% (4,40 nel mese precedente), quelli per importi fino a 1 milione di euro sono stati pari al 4,66 per cento, mentre i tassi sui nuovi prestiti di importo superiore a tale soglia si sono collocati al 3,89 per cento. I tassi passivi sul complesso dei depositi in essere sono stati pari allo 0,85% (0,89 a dicembre).
Le prospettive per i prossimi mesi
Detto di quel che è stato, cosa attendersi dai prossimi mesi? Innanzitutto va detto che il mercato non si adegua in tempo reale alle decisioni sui tassi ufficiali, quindi potrebbe volerci ancora qualche settimana per assistere all’adeguamento dei tassi su mutui e prestiti alla luce dell’ultimo allentamento monetario deciso dalla Bce a inizio marzo. L’Eurotower tornerà a riunirsi a breve, ma il primo meeting nel quale è prevista una conferenza stampa da parte della governatrice Christine Lagarde (condizione necessaria perché si decida sui tassi) è in programma il 17 aprile.
La Bce “deve restare agile” sui tassi in un contesto di incertezza “straordinariamente alta”, è il concetto espresso senza mezzi termini dalla stessa Lagarde. “Mantenere la stabilità in una nuova era sarà un compito formidabile”, ha aggiunto. “Richiederà un impegno assoluto nei confronti dell’obiettivo di inflazione, la capacità di individuare quali tipi di shock richiederanno una reazione monetaria e l’agilità di reagire in modo appropriato”.
L’introduzione dei dazi e l’incremento della spesa militare, ha ricordato, minacciano di far crescere in maniera sensibile i prezzi, tuttavia “i dazi Usa potrebbero anche ridurre la domanda di esportazioni dell’Ue e reindirizzare la capacità in eccesso dalla Cina all’Europa, il che potrebbe far scendere l’inflazione”. In questa fase, per Lagarde, la Bce non può impegnarsi a un percorso predefinito sui tassi, ma si muoverà guardando ai dati che di volta in volta emergeranno.
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Le conseguenze delle scelte americane
La Bce guarderà anche all’evoluzione dello scenario negli Stati Uniti. A gennaio l’inflazione ha rallentato al 2,8% contro il 2,9% stimato alla vigilia e il 3,0% di gennaio. La notizia è stata accolta positivamente da Wall Street, in quanto, se i prezzi riprendono la marcia verso il 2% (obiettivo statutario della Fed), è più facile che la Banca centrale americana riprenda a tagliare i tassi. Probabilmente non lo farà subito (anche a Washington si teme l’effetto dazi), ma probabilmente da aprile in avanti potrebbe tornare a ridurre il costo del denaro. Il che faciliterebbe una mossa della Bce nella medesima direzione, considerato che la stragrande maggioranza delle commodity viene scambiata sui mercati internazionali in dollari, per cui se la divisa americana si rafforza molto rispetto all’euro, il Vecchio Continente importa inflazione. Il che è esattamente l’opposto di quanto viene richiesto alla Bce.
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