Merz arma il bazooka. La Germania si prepara a spendere, le aziende della difesa stappano lo champagne


Un bazooka fiscale con commesse miliardarie in arrivo per i grandi gruppi bellici tedeschi, sebbene finanziate a debito (pubblico). Il Bundestag ha approvato il piano di aumento della spesa pubblica, attraverso una modifica alla Costituzione della norma sul ‘freno al debito’, che permetterà al futuro governo guidato dal cancelliere in pectore della Cdu Friedrich Merz, in Große Koalition con i socialdemocratici dell’Spd, maggiori investimenti per la difesa, sfondando il muro dell’1% del Pil, e la creazione di un maxi fondo per le infrastrutture e il clima da 500 miliardi di euro, senza dover incorrere nella tagliola della Corte Costituzionale di Karlsruhe. La modifica alla Legge Fondamentale è passata con 513 voti a favore e 207 contrari, superando così la soglia dei due terzi del (489 voti) necessaria per emendare la Costituzione. I Verdi, i cui voti erano indispensabili per far passare la riforma sul finire di questa legislatura, evitando così il blocco certo e scontato dell’opposizione nella prossima, si sono turati il naso e hanno votato a favore. Il piano passa ora all’esame del Bundesrat che rappresenta i governi dei 16 Lander: il voto è previsto per venerdì.

Si tratta, a conti fatti, di un primo notevole successo di Merz, incassato ancora prima di salire ufficialmente al potere. Per ingraziarsi i governi regionali, il pacchetto di misure prevede che i Lander, fino ad oggi obbligati al pareggio di bilancio, possano sforare in deficit fino allo 0,35% del pil. La Germania dice così addio al feticcio che per anni ha ingessato la sua politica economica e quella di tutta l’Europa. Con un enorme spazio fiscale a sua disposizione, Berlino si prepara così a finanziare la corsa al riarmo con una mole di risorse senza eguali nel mercato unico. Tant’è che lo stesso Merz ha provato a indorare la pillola, nel suo intervento: il piano rappresenta “il primo passo verso una nuova comunità europea della Difesa”, ha detto. Per ora, rappresenta il primo passo per il riarmo tedesco e una valanga di miliardi pubblici in commesse per i grandi gruppi bellici della Germania. 

Volano infatti all’indice Dax i titoli delle grandi aziende della difesa. Svetta Rheinmetall, l’incontrastato numero uno del comparto nella repubblica federale, con un rialzo del 5,4%, registrando quindi un rialzo del 131% da inizio anno. Ha toccato il nuovo massimo storico di 81 euro Hensoldt, a 5,4%%, raddoppiando il valore di borsa da inizio anno. In forte rialzo sull’indice Sdax per la terza seduta consecutiva anche Sfc Energy (+7%), che è rientrata più di recente nei favori del mercato quale potenziale beneficiaria dell’aumento del budget della difesa tedesca. Il nuovo balzo fa seguito al +13,2% di lunedì e al +11,5% di venerdì.

Vola in borsa a Francoforte anche il titolo di ThyssenKrupp, andando oltre il 6%, in seguito alle notizie di stampa di una mega commessa per la costruzione di navi da guerra. Secondo le indiscrezioni, infatti, Thyssenkrupp Marine Systems (Tkms) avrebbe ricevuto dalla Germania un importante ordine per sei fregate del valore di oltre 15 miliardi di euro. Alcuni operatori rilevano, per altro, che le voci su questo fronte sono all’ordine del giorno e quasi non stupiscono più. Da metà febbraio il prezzo di borsa di Thyssenkrupp è più che raddoppiato perché il gruppo viene considerato un beneficiario del piano di investimenti per la difesa della Germania. 

Effetto per certi versi scontato, visto lo stato di degrado in cui si trova la flotta militare tedesca, emerso peraltro di recente di fronte all’esigenza dell’Europa di inviare navi da guerra nel Mar Rosso, a scortare le portacontainer commerciali e le petroliere sotto attacco dei ribelli Houthi. La flotta di fregate a disposizione di Berlino è piuttosto esigua, contandone solo undici. La Bundeswehr dispone di quattro F123, la classe più datata (Brandeburgo) impiegate in guerra antisommergibile anche se potenzialmente aggiornabili con altri sistemi di difesa. Di quattro F125, le ultime prodotte e anche le più criticate. Si tratta della classe Baden-Württemberg, di imponenti dimensioni ma con armamento piuttosto ridotto. Vengono infatti adoperate in operazioni di stabilizzazione, come il contrasto alla pirateria, blocchi navali, embarghi, operazioni contro costa. L’inefficienza di queste navi nelle operazioni di guerra convenzionale, ribattezzate perciò “Fregate Fiasco”, insieme a difetti di produzione, problemi di sbandamento e peso eccessivo, le ha rese l’emblema della profonda crisi in cui versa tanto la cantieristica quanto l’intero sistema della Difesa della Germania, ereditato dall’era di Angela Merkel. E anche da Ursula von der Leyen, che tra il 2013 e il 2019 ha guidato il ministero federale della Difesa. La stessa che oggi, da presidente della Commissione Ue, dice: “Se l’Europa vuole evitare la guerra, deve prepararsi alla guerra”, ha detto in un discorso alla Royal Danish Military Academy riferendosi ai rischi provenienti dalla Russia.

Oltre a cinque corvette, la Marina tedesca dispone infine di tre fregate della classe Sassonia, le F124, le uniche in grado di poter partecipare a un’operazione che necessita di sistemi di difesa antiaereo verticali (Vls). Le nuove fregate 126, attualmente in fase di produzione e tecnologicamente super avanzate, dovrebbero essere pronte nel 2028. 

Il piano tedesco di un bazooka fiscale si intreccia perciò strettamente con il piano Rearm Eu della Commissione von der Leyen: “Entro il 2030, l’Europa deve avere una forte posizione sulla difesa. ‘Prontezza 2030’ significa aver riarmato e sviluppato le capacità per avere una deterrenza credibile”, ha detto anticipando uno dei pilastri del Libro Bianco della Difesa. Von der Leyen ha sottolineato la necessità di investire in trasporti militari, munizioni, droni, difesa aerea e missili.

Investimenti che dovranno andare a giovamento delle imprese europee: “Dobbiamo acquistare più prodotti europei. Perché ciò significa rafforzare la base tecnologica e industriale della difesa europea. Ciò significa stimolare l’innovazione. E ciò significa creare un mercato europeo per le attrezzature di difesa. Inoltre, le aziende hanno bisogno di un flusso costante di ordini pluriennali per orientare gli investimenti e aumentare la capacità. Unire la nostra domanda e l’approvvigionamento congiunto è quindi ancora più importante”. L’idea dell’ex ministro della Difesa tedesca è quindi di istituire “un meccanismo europeo di vendita militare per contribuire a rendere ciò possibile. Gli Stati membri devono poter contare pienamente sulle catene di fornitura della difesa europea. Soprattutto in tempi di urgente necessità. E un mercato europeo lo garantirebbe”. 

Un mercato dove diversi campioni europei, come l’italiana Leonardo, e le francesi Thales, Dassault, Naval Group, o la svedese Saab, si preparano a trarre benefici dalla corsa al riarmo dell’Ue. Ma soprattutto i campioni tedeschi come Rheinmetall, Thyssenkrupp, Hensoldt, che potranno beneficiare in partenza dai maxi sussidi in arrivo dal bazooka finanziario appena approvato dalla futura maggioranza Merz, con il beneplacito dei Verdi. L’Italia invece si è mostrata più cauta sull’ipotesi di fare spesa in deficit per rilanciare il proprio apparato militare: “Valuteremo con grande attenzione l’opportunità o meno di attivare gli strumenti previsti dal piano” di von der Leyen Rearm Eu, perché “possiamo vantare indicatori economici estremamente positivi, come testimonia l’andamento dello spread, un patrimonio cui non vogliamo rinunciare”. Vanno cercate “soluzioni alternative rispetto alla creazione di nuovo debito”. Per questo “con il ministro Giorgetti – che ringrazio per l’importante lavoro di questi giorni – abbiamo proposto un meccanismo di garanzie pubbliche europee, coordinato e integrato con i sistemi nazionali, sul modello di quello che attualmente viene utilizzato per il programma InvestEu, per mobilitare più efficacemente i capitali privati e rilanciare gli investimenti nel settore della difesa, nel quale l’Italia può vantare dei campioni assoluti”. Un riferimento al ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti che nei giorni scorsi, ripreso poi anche dalla grande stampa tedesca, aveva duramente attaccato il comportamento di Berlino: in sede di riforma del Patto di Stabilità incatenato al feticcio dell’austerità, e dopo pochi mesi a favore di una modifica costituzionale che elimina il freno alla spesa in deficit, “senza negoziare nulla con nessuno”. Così l’Italia della sovranista Meloni si scopre frugale e refrattaria al debito mentre la Germania si prepara a spendere qualcosa come mille miliardi a deficit. Sintesi essenziale dei tempi che corrono.



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